Super Freno Competizione
Le motociclette rappresentano storia e cultura, una parte fondamentale della nostra memoria. Solo alcune hanno il potere di attraversare il tempo aumentando il proprio fascino.
É una costante in tutto l’universo che orbita attorno alla passione per i motori e la meccanica. Accade nelle quattro ruote, così come nelle motociclette.
Ingegno, funzione, design e competizioni.
Da sempre quando questi elementi si fondono, nascono veicoli che tracciano nuove strade, diventando punti di riferimento e oggetti di culto.
Un esempio fra i più clamorosi nella storia del motorsport è quello della Ferrari GTO.
Berlinetta sportiva creata all’inizio degli anni sessanta espressamente con lo scopo di partecipare alle competizioni del Mondiale Marche, derivata da un modello stradale, ma curata in ogni particolare per l’impiego agonistico.
Di fatto una berlina esclusiva, da gara, ma targata, tre elementi che trasmettono eccitazione.
Un’auto unica e affascinante, che facoltosi gentlemen drivers potevano guidare fino all’autodromo, per poi scendere in pista in quelle che molto spesso erano competizioni dure e impegnative.
Tecnica, affidabilità agonistica e fascino, poche due ruote al mondo possiedono queste caratteristiche.
Una di queste è senza dubbio è la “Laverda SFC”.
Nel dicembre del 1970, Motociclismo pubblica la prova del modello SF750, l’articolo iniziava così:
“….che si possa partecipare alle competizioni con la stessa moto usata per andare a spasso la domenica è provato inequivocabilmente dalla nuova Laverda 750 SF”.
Bene, l’anno successivo uscì il modello SFC, dove C sta per “Competizione”, e nasceva un mito.
Oggi vero oggetto del desiderio fra gli amanti delle motociclette anni 70 e non solo.
Le motivazioni sono diverse, la rarità è sicuramente un fattore predominante, ne hanno prodotte solo 549 esemplari fra il 1971 ed il 1977 in tre differenti serie.
Ma forse l’aspetto che più ha alimentato il mito della sportiva di Breganze per eccellenza, è il carattere assolutamente agonistico di questo modello.
Creato con il solo scopo di prendere parte alle competizioni dell'epoca per dimostrare qualità prestazionale e affidabilità del marchio vicentino.
Le sue doti uniche resero l’SFC un modello utilizzato da molti giovani piloti per iniziare le loro carriere, fra questi tre campioni del mondo come Virginio Ferrari, Franco Uncini e Marco Lucchinelli, ottennero le prime vittorie proprio in sella a delle Laverda.
Una motocicletta sportiva, anzi da competizione, derivata dalla produzione stradale SF, con una linea minimalista e attraente, vigorosa nella meccanica e vittoriosa sui circuiti.
Ma soprattutto targata, in una parola eccitante!
Parlare di passione è complicato ma entusiasmante.
Soprattutto quando si descrivono le emozioni di qualcun altro. Ci si riconosce negli occhi di chi confida esperienze anche se lontane dal nostro vissuto.
E' come una magia, che si rinnova ad ogni contatto, ad ogni nuova occasione di incontro. Un qualcosa che accomuna chi ha il privilegio di essere trasportato da questo genere di suggestioni.
Anche se le esperienze sono lontane, ci si ritrova nelle pieghe delle espressioni, nel tono della voce che sottolinea un dettaglio, nelle mani che gesticolano per descrivere componenti o lavorazioni, nei particolari delle forme, nello stile di guida.
Ognuno è se stesso quando parla di quello che lo appassiona, non ci sono filtri.
Un racconto che si sviluppa davanti agli occhi dell'osservatore, e si incendia quando le sensazioni sono condivise.
Cosa può essere più emozionante di possedere una motocicletta rara ed iconica come una SFC?
Semplice, ritrovarla per caso, abbandonata in un deposito polveroso e riportarla in vita, anzi ricostruirla.
Per raccontare questa storia dobbiamo andare in Abruzzo, terra dal paesaggio romantico, chiuso fra il mare e i suoi famosi altipiani, dalle strade che sembrano fatte per correre veloce e dove la vita può avere ancora un ritmo sereno.
Qui la passione è tramandata e alimentata da una fitta rete di amanti dei motori, il cui unico obbiettivo è mantenere vivo lo spirito e la tradizione che caratterizzava il motorismo sportivo anni ‘60 e ‘70.
Il protagonista è Edmondo, trentenne abruzzese doc, grande appassionato di motociclette storiche, sia italiane che inglesi. Tuta in pelle sempre pronta e sorriso sincero da vecchio amico.
Ed: “Dopo gli studi a Bologna ho deciso di tornare a vivere nella mia terra.
Qui i ritmi sono diversi e sicuramente meno frenetici rispetto al nord. Ho soprattutto l’oppurtinità di coltivare la mia passione ed assieme a pochi ma buoni amici, appassionati del settore, dedichiamo il nostro tempo libero a curare e preservare sia nella tecnica, sia nella meccanica, le nostre amate motociclette, soprattutto anni ‘70.”
RS: Laverda non è un marchio "semplice" nel panorama motociclistico, serve una decisa dose di esperienza per decidere di collezionare e restaurare moto del genere...da dove nasce la tua passione?
Ed: “Sono quelle domande a cui rispondere risulta complicato per il semplice fatto che non è una scelta ma un risultato, una serie di conoscenze e di coincidenze che modificano l’esperienza e la percezione della propria passione. Ogni persona incontrata, soprattutto in questo settore legato al restauro ed alla passione per le due ruote, lascia in te qualcosa.
Attraverso alcune di queste amicizie mi sono avvicinato al mondo Laverda, e me ne sono innamorato.
Il bicilindrico Laverda è per me sinonimo di affidabilità meccanica, stile e ignoranza.”
RS: Impegnarsi oggi in un restauro, o meglio nella ricostruzione di una motocicletta così rara a quasi 50 anni dalla produzione, non credo possa essere una cosa da affrontare senza avere le idee chiare… ma soprattutto come sei riuscito a ritrovarla?
Ed: “Parliamo dell'Agosto del 2015, in pieno periodo estivo, la voglia di scappare al mare era tanta. Vidi l’annuncio di una Laverda in provincia di Macerata, e pensai di unire l’utile al dilettevole.
Partimmo poco prima di pranzo, ricordo un caldo tremendo, e arrivammo in un paesino sulle colline marchigiane.
In un garage polveroso, chiuso fra decine di “stesini” d’epoca, vidi in un angolo un mucchio di pezzi arancioni. Le sensazioni mi parlavano chiaro, sebbene non avessi conferme sull’originalità, ne un’idea precisa del tipo di intervento da eseguire, decisi in un quel garage che sarebbe diventata mia.
Appena fu possibile convocai una “riunione d’urgenza” fra gli amici appassionati del marchio, da subito ci accorgemmo che la strada sarebbe stata in salita, si prospettava un intervento di restauro impegnativo sotto tutti i punti di vista.
RS: Immagino che la cosa fondamentale, prima di imbarcarsi in un’operazione del genere sia stata quella di verificare l’effettiva originalità della moto….dopotutto, vista la rarità e il valore storico di questo modello, negli anni sono state realizzate molte repliche.
Ed: “Premetto che non sono il tipo che considera la moto come oggetto da venerare e da non utilizzare.
Credo soprattutto che certe motociclette siano state create per correre, a prescindere dal valore.
Amo vederle invecchiare. Nonostante questo per la Laverda andava necessariamente organizzato un lavoro minuzioso, utile a capire che tipo di interventi avesse già subito in precedenza, per poi decidere come ci saremmo dovuti comportare noi.
Il primo step è stato quello di controllare che tutti i particolari fossero corretti.
Le Laverda SFC, prime vere superbike italiane, avevano delle caratteristiche uniche che le distinguevano dalle normali SF.
Le principali differenze nel telaio si riscontrano nell’andamento dei tubi reggisella che chiudono la triangolatura posteriore. Variano inoltre i supporti di ancoraggio delle pedane e quelli delle bobine di accensione.
Sugli esemplari SFC sono presenti altre modifiche apportate al forcellone, al propulsore con l’impianto di scarico completo, ed alla strumentazione.
Controllata la moto nei dettagli abbiamo notato che tutti i particolari coincidevano con le informazioni in nostro possesso.
La verifica delle caratteristiche del telaio ne ha confermato l’originalità. La punzonatura lo identifica come un modello costruito esclusivamente per l’uso agonistico, e dalle successive ricerche effettuate sembra sia stato utilizzato in gara da Franco Uncini."
RS: Passato il momento di euforia per aver ritrovato un’icona del motociclismo, immagino sia arrivata la parte davvero impegnativa, cioè affrontare la complessità del restauro….
Ed: “Abbiamo valutato di iniziare il restauro partendo dalla ciclistica e dalla carrozzeria.
Il telaio è stato sottoposto, come in origine, ad un trattamendo galvanico, per arrivare alla classica colorazione grigia tipica della SFC. Il forcellone originale, con perno maggiorato rispetto al modello standard, è stato revisionato e riverniciato nella classica tinta arancione.
Così come la carrozzeria ripristinata completamente sia negli accessori, sia nella colorazione originale.
RS: Ti sei occupato quindi di gran parte delle fasi del restauro, immagino tuttavia che il motore sia stato curato da un’officina specializzata…. quanto tempo è stato necessario per completare i lavori?
Ed: “Tutto quello fatto fin ora mi ha coinvolto personalmente con il prezioso aiuto di un amico, Antonello, appassionato e profondo conoscitore del marchio, studiando i vari passaggi per essere certi di procedere nel modo corretto.
Le prime fasi del restauro risalgono al 2015, poi a causa di un infortunio subito praticando enduro i lavori si sono protratti sino al Novembre 2016.
Il motore dopo lo smontaggio e la relativa verifica dei componenti meccanici più soggetti ad usura, è stato consegnato ad una fra le officine attualmente di riferimento nel restauro e ricostruzione dei motori Laverda, la Moto Officina di Spilimbergo (PN).
In questa fase del restauro va precisato che è emersa la parte più “folle” del mio carattere che per l’ennesima volta ha stravolto i piani.
Inizialmente l'obbiettivo era quello di procedere ad un restauro fedele all'originale in tutto e per tutto, ma poi un grosso “chissene!” ha prevalso, decidendo così che il motore andava reso ancora più arrogante e dirompente!
Cilindrata 860cc, bielle stampate, camma C5 modificata, albero alleggerito, condotti e valvole maggiorati.
Per rendere tutto più efficiente abbiamo sostituito il sistema di accensione a puntine con un sistema elettronico con centralina programmabile, scarico maggiorato e tutta la componentistica elettrica sostituita.
Un upgrade meccanico sostanziale, che oggi mi permette veramente di guidare una superbike anni 70.”
RS: Un intervento di restauro importante, non solo, il modello originale è stato migliorato sia nella meccanica che nell’elettronica per poter essere utilizzato quotidianamente…..ma come si guida una SFC?
Ed: “Dopo un breve periodo di utilizzo su strada, ho deciso di sfruttarla esclusivamente in pista.
E’ lì che la Laverda SFC dà il meglio di se, su circuiti piccoli e tecnici soffrendo un po,’ ma sui circuiti più veloci lascia la famosa scia arancio sul rettilineo che la distingueva nella gare di endurance degli anni 70.
Oggi la moto, con me, fa parte di un team “Classic” con a capo l’amico Luigi Antenucci, fondatore del Bike Garage Team.
Con loro, impegnati in campionati di velocità, stiamo preparando un campionato “classic italiano”.
Quello che è certo, è che per ora ci stiamo divertendo, allenandoci sui circuiti a noi vicini quali il CDA – d’Abruzzo (CH), il circuito di Binetto (BA), e nel circuito di un grande appassionato Gianni De Luca ad Airola (BN).
Guidarla è qualcosa di emozionante sempre. Una motocicletta da domare, in constante lotta con l’esuberanza dirompente del motore.”
Le moto non devono essere necessariamente facili da capire.
Ma una motocicletta come l’SFC, non si deve capire, si deve solo desiderare. RS
Scritto da Alberto Zanini.