Paco Castagna: Una vita di traverso.
In questo momento sei solo, la concentrazione ti isola da quello che succede attorno, solo con davanti una pista in terra battuta.
Dietro la maschera lo sguardo fisso sulla prima curva, il tuo obbiettivo è quello.
Il corpo è contratto, pronto, sono attimi che valgono una batteria o un mondiale, e se sei un pilota vero non fa alcuna differenza, mai.
Non esisti più. Esiste solo la tua fame, il feeling con la moto e il caldo che senti sulla pelle.
Hai sotto le chiappe un motore monocilindrico 500cc che beve alcol metilico incorniciato da tre tubi che fanno da telaio, due ruote alte e sottili, il tutto per meno di 80kg e circa 70cv di potenza.
Non è una motocicletta da gara, è uno strumento che ti sei costruito su misura.
Gli stivali puntano a terra un attimo prima che arrivi il segnale di partenza.
Il mono urla sopra i 12 mila giri, e il corpo si prepara a bilanciare la potenza che spalancherà la frizione a secco.
Senza marce, senza freni, senza elettronica, stai per essere lanciato verso la prima curva a quasi 100 all’ora.
Non esistono via di fuga, solo barriere a chiudere la pista.
Al tuo fianco 3 piloti che vogliono la tua stessa cosa, uscire davanti, a qualunque costo.
Questo è lo speedway!
Non è solo uno sport motoristico, ma una disciplina fisica e mentale.
Una follia calcolata, una delle espressioni più pure della passione per la velocità.
Da quasi un secolo si evolve pur mantenendo quasi inalterate le caratteristiche di sempre, si sviluppano le moto ma la filosofia di base resta la stessa.
Si devono percorrere 4 giri, in senso antiorario, in costante derapata, a parte i brevi istanti di rettilineo, a gas spalancato.
Il tutto moltiplicato per 20 batterie, semifinali e finale.
Uno spettacolo continuo, un’arena della velocità.
Dagli anni 30 del novecento questo sport ha iniziato ad appassionare principalmente un pubblico anglosassone, dagli Stati Uniti, all’Inghilterra, all’Australia, da molti considerata la vera patria dello speedway.
Oggi è molto diffuso soprattutto negli stati del nord Europa, Gran Bretagna e Germania, mentre in altri come la Polonia è quasi una religione.
In Italia lo Speedway è nato e cresciuto in Veneto, vera casa italiana del traverso. Nel Triveneto sono nate le prime piste dedicate e i primi impianti stabili, il più famoso resta quello di Lonigo nel vicentino, attorno al quale sono cresciute le storie agonistiche dei piloti italiani più famosi.
Uno dei pionieri dello speedway nostrano, oltre ad essere il pilota più titolato della specialità, è sicuramente Armando Castagna, classe 1963, uno da 5 finali mondiali con un secondo posto assoluto, con la partecipazione tramite qualificazione ai Grand Prix nel 1998, oltre a 12 campionati italiani e molti altri risultati europei.
Oggi nei paesi dove questa disciplina conta il forte supporto del pubblico troviamo una nuova generazione di piloti professionisti che da anni dominano le competizioni a livello mondiale.
In Italia lo speedway è uno sport esotico e in buona parte sconosciuto.Limitato dalla progressiva chiusura degli impianti, si sta allontanando sempre di più dal pubblico, dai giovani, e di conseguenza dalle generazioni che potrebbero sostenere la continuità agonistica.
Uno sport del genere richiede sacrificio, moltissimo, una passione sfrenata e una dedizione totale.
Una combinazione letale per chiuque voglia approcciarsi a questa disciplina, e non riesca ad apprezzarne la poesia dal vivo!
"Correre con la moto da speedway è l'unica cosa che faccio, e che ho sempre voluto fare. Il mio obbiettivo è diventare Campione del Mondo, e sto lavorando sodo per arrivarci".
Queste sono le parole di Paco Castagna, figlio di Armando, è la realtà giovane ed emergente dello speedway italiano.
Classe '94, di Arzignano(VI), membro della Squadra Nazionale Italiana nel Mondiale a Squadre Speedway dal 2013, già Campione Italiano di specialità 2017 e 2018.
Sguardo determinato di uno che a 26 anni festeggia già 10 anni di carriera agonistica ma che vuole di più, anzi, tutto. Vuole diventare il Campione del Mondo, e ogni giorno lavora per poter raggiungere questo obbiettivo.
RS: Come sei diventato pilota di speedway? Il backgroud famigliare avrà certamente influito, ma come hai costruito la tua identità di pilota professionista?
Paco: " Sicuramente l'imprinting famigliare è stato fondamentale, avendo come padre il pilota italiano più titolato della storia è difficile non cascarci a pie pari...poi si innestano altri fattori, legati soprattutto al fascino di questo sport.
Ve ne racconto una: all'ultimo anno di asilo, ad esempio, interrogato su quello che sarei voluto diventare in età adulta, io rispondevo sempre un "pilota di speedway"...è sempre stato un desiderio cresciuto dentro di me fin dalla giovane età, alimentato poi con il passare degli anni.
Mi sono avvicinato alle due ruote già da bambino, mi divertivo con le prime minicross sulle colline attorno a casa senza mai però partecipare ad alcuna competizione.
Grazie ad un corso organizzato dalla Federazione Italiana di Speedway ho avuto poi la possibilità di avvicinarmi a questa disciplina partendo dai 125cc...purtroppo un incidente ha rischiato di allontanarmi per sempre da questo sport...
Successivamente la scelta di passare alla categoria superiore è stata per me la svolta...250cc....da quel momento ho capito quale dovesse essere la mia strada, divertirmi, derapare e correre, una vera e propria droga.
Il sacrificio non esiste, perchè non c'è altro oltre a questa passione, da qui la scelta di vita di diventare un pilota professionista."
RS: Qual è il rapporto con le tue moto da competizione?
Paco: "Considera che c'è la possibilità di acquistare moto da competizione, ad esempio le mitiche Jawa, complete pronte da gara, ma non avranno mai le stesse prestazioni di una moto "preparata" su misura.
Da sempre una delle caratteristiche fondamentali dello speedway si basa sulla necessità per ogni pilota di costruirsi la moto in virtù delle proprie necessità di guida e di conseguenza di setup, che è uno dei fattori principali per puntare alle vittorie, oltre naturalmente alla possibilità di collaborare con diverse aziende che realizzano componentistica dedicata."
RS: Nello speedway la motocicletta è uno "strumento" per definire la competitività di un pilota, o il "gesto atletico" e la fisicità sono ancora caratteristiche fondamentali?
Paco: "Rispetto ad altri sport è sicuramente il pilota a dover fare la differenza rispetto alla moto.
Il vero problema è che negli ultimi anni l'atleticità dei piloti, e quindi la competitività fisica, è arrivata a livelli impensabili rispetto a qualche tempo fa. Il livello, soprattutto all'estero, si è alzato moltissimo.
Le motociclette restano molto simili, senza nessuna possibilità di "taratura" elettronica, solo da quest'anno è stato inserito il limitatore sul numero dei giri motore. Nello speedway il vero valore aggiunto è la capacità di "settare" la moto, cioè la combinazione fra corona, anticipo del motore e carburazione, se la base tecnica della moto è valida, questi sono gli aspetti sui quali si definisce la competitività.
Ai massimi livelli, la differenza è solo la sensibilità del pilota nell'adeguare la moto alle caratteristiche della pista, o del momento specifico della gara. La partenza è fondamentale, è uno degli aspetti che un pilota "intelligente" studia maggiormente.
Come ha dichiarato più volte il pilota inglese Tai Woffinden, tre volte campione del mondo, lo speedway è l'unico sport motoristico dove un junior che si è appena approcciato alla disciplina, può battere il campione del mondo. Una delle particolarità più affascinanti è proprio questa, ed è per questo che si può arrivare a vincere un campionato del mondo in giovane età, oppure dopo anni di attività, in base all'esperienza o al feeling con la propria moto."
RS: Come si affronta una gara? Lo speedway è più tecnica o istinto...quali sono le caratteristiche principali di questo sport?
Paco: "La gara si sviluppa su 5 batterie che durano 1 minuto, è paragonabile ai 100 metri nell'atletica.
A livello mentale, oltre che fisico, è molto impegnativa perchè impone continui cicli di preparazione alla prestazione, e rientro ai box.
Inoltre durante la gara cambia moltissimo la pista fra una batteria e l'altra, le corsie si modificano, compaiono imperfezioni che spostano la linea ottimale. La concentrazione è continua, e deve soprattutto essere mantenuta durante i momenti di pausa, fra una batteria e l'altra, così come l'approccio iniziale alla gara che resta per me un aspetto fondamentale, sul quale ho lavorato molto, perchè può compromettere tutta la competizione.
L'altro aspetto principale è saper adeguare il proprio stile di guida in base alle necessità della pista.
La capacità di controllare la moto di traverso, a mio parere, è un qualcosa che si impara. Il limite lo detta la tecnica e l'esperienza maturata dalla continua pratica.
Il fascino dello speedway è tutto qui, nella ricerca continua del limite alla massima velocità.Il pilota professionista diventa un campione quando riesce a gestire questo equilibrio con efficacia e continuità, senza paura.”
RS: Quale sarà l'evoluzione di questo sport, soprattutto a livello italiano?
Paco: "A mio parere lo speedway è uno sport di una spettacolarità pazzesca. Ad esempio in Polonia è forse oggi uno degli sport più seguiti, e richiama spettatori da tutta Europa.
Inoltre considerando il costo di "accesso" molto abbordabile, potrebbe avere un seguito fra i giovanissimi molto forte.
Il vero problema in Italia sono le piste, dopo la chiusura di Lonigo, ad oggi esiste solo la pista di Terenzano di Udine gestita dal Moto Club Olimpia ultimo baluardo dello speedway! A livello mediatico potrebbe essere un sport molto seguito il che si rifletterebbe in nuove possibilità di sviluppo e presenza sul territorio nazionale. Nuovi piloti potrebbero appassionarsi anche attraverso i social, arrivando anche da altre discipline.
Per questi aspetti resta in Italia uno sport di assoluto sacrificio. Ad oggi, pur avendo obbiettivi internazionali, vivo da semiprofessionista per necessità anche se da anni organizzo la mia vita in funzione di questo sport, per arrivare a poter vivere di speedway.
Dallo scorso anno ho iniziato l'avventura da professionista in UK, un’opportunità per potermi confrontare con piloti di alto livello e competitività, l'obbiettivo è quello di continuare questo percorso di crescita e passione, per arrivare a concretizzare il mio sogno mondiale"!”
“La cosa più bella in assoluto è quando metti la moto di traverso e sei in controllo totale del mezzo, sentire la ruota che pattina è una sensazione indescrivibile”.
Scritto da Alberto Zanini.