Harley-Davidson VR1000: la Superbike americana.

Il giorno della tappa del campionato AMA 1986 sulla pista di Laguna Seca, ad assistere allo spettacolo, fra migliaia di spettatori, era presente un certo Mr. Vaughn Beals.

In quell’anno l’Ing. Beals rivestiva la carica di amministratore delegato del gruppo Harley Davidson, rimase in carica dal 1981 all’89, e come presidente fino al 1996.
Per il gruppo HD fu una figura di rilievo, soprattutto per la “rinascita” commerciale del marchio dalla grave crisi finanziaria e di vendite della fine degli anni 70, una vita spesa per le due ruote, una passione che l’ha portato ad essere inserito nella Motorcycle Hall of Fame nel 2008.

Quel giorno lui, e lo staff dirigenziale Harley erano a bordo pista, quando nella sua mente prese corpo una domanda.
”Per quale motivo l’Harley-Davidson non poteva avere una propria moto, veramente competitiva, per correre nel campionato AMA?”

In effetti la moto non esisteva, così come non era previsto alcun progetto all’orizzonte.
Non c’era un motore sportivo adatto ad un competizione del genere, e soprattutto non esisteva “lo scheletro” di una moto abbastanza performante per poter difendersi ad armi pari con le concorrenti dell’epoca.

La moto non esisteva semplicemente perché l’HD, prima di allora, non aveva mai manifestato un reale e concreto interesse per le gare su asfalto, e principalmente non aveva mai avuto la possibilità di utilizzare “risorse interne” per poter portare avanti un progetto del genere.

Ok, Mr. Beals aveva deciso, l’Harley-Davidosn avrebbe avuto una vera moto da corsa, moderna e competitiva, e si decise a costruirla da zero.

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Dopo un periodo di consultazioni, il team dirigenziale HD, nel Febbraio del 1987 decise di affidare il progetto ad un giovane ingegnere di soli 36 anni.
Un progettista, costruttore, ed ex uomo Harley, che negli ultimi anni aveva creato alcuni "prototipi" con i quali aveva ottenuto ottimi risultati nei vari campionati americani e nell’AMA, utilizzando come base di partenza ex modelli da competizione BARTON, e motori Yamaha TZ750, arrivando persino alla produzione, seppur per pochi gentleman riders, di proprie motociclette che sul serbatoio portavano semplicemente la scritta “Buell”.

Il giovane Erik Buell a causa di un repentina, e per lui molto sfortunata, modifica del regolamento AMA era stato obbligato, a cavallo del 1985, ad abbandonare l’utilizzo dei propulsori Yamaha a 2 tempi (750cc. 4 cilindri) per passare all’utilizzo di motorizzazioni HD, più economiche e di facile reperibilità.

In virtù dell’esperienza maturata da Buell nello sviluppo e nell’elaborazione del motore XR1000, accoppiato a una ciclistica innovativa di sua progettazione, e concretizzata nel modello “Lucifer’s Hammer II” dal quale derivò il modello stradale Buell RR1000, l’Harley individuò in lui l’ingegnere adatto per creare finalmente una vera moto da competizione.

Erik Buell ed il team di sviluppo sportivo Harley-Davison iniziarono a ragionare sulla nuova motocicletta, certi del fatto che la parte focale dell’intero progetto era inevitabilmente legata alla problematica del motore da utilizzare, e più precisamente se fosse davvero inevitabile realizzare un’evoluzione del “vecchio” motore XR1000, o se fosse in realtà più vantaggioso partire da zero su un nuovo tipo di propulsore.

Buell, grazie all’esperienza maturata nelle competizioni, ma soprattutto visto il regolamento AMA in vigore, consigliò di realizzare un motore da almeno 50 pollici, raffreddato a liquido, molto più performante della concorrenza anche 750.
L’Harley seguì il suo consiglio e decise per un nuovo propulsore “liquid cooled” di 1000cc (61 pollici).

Dopo aver valutato le specifiche e il carattere del propulsore, Buell iniziò a studiare le peculiarità costruttive, le geometrie degli ingombri, e le basi tecniche sulle quali sviluppare il progetto, individuando nella meccanica del motore Cosworth BDG un’ottima base di partenza.

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Acquistò quindi diverse parti del propulsore Cosworth, e si confrontò con alcuni piloti che negli anni utilizzarono questo motore, per acquisire il maggior numero di informazioni sulle varie problematiche, possibili benefici, ma soprattutto per capire come creare un gruppo termico performante, sia in termini prestazionali che dimensionali, e poter costruire di conseguenza, attorno ad esso, una ciclistica efficace e innovativa.

Per Buell le caratteristiche dimensionali del motore hanno un’importanza fondamentale per poter realizzare una ciclistica veramente performante.
Definì l’inclinazione del telaio, e quindi il relativo posizionamento finale del propulsore, in 55 gradi, trasferendo il più possibile i carichi sull’avantreno, definendo inoltre la posizione della trasmissione, per potere gestire al meglio la trazione.
Decise che il progetto avrebbe avuto la “linea di divisione” del basamento più bassa possibile, mantenendo l’imbiellaggio nella posizione più vicina al suolo, creando così con la linea della trazione un’inclinazione di 13 gradi.
Gran parte di questi accorgimenti tecnici furono successivamente utilizzati nella progettazione del propulsore V-Rod.


Altro problema principale dei propulsori V-Twin è l’ingombro della distribuzione, soprattutto per il cilindro post.
Buell studiando l’ergonomia di guida riorganizzò la trasmissione delle testate per poter mantenere il motore il più possibile all’interno del telaio, ed aumentare di conseguenza il comfort di guida, trasferendo inoltre la coppa olio nella parte frontale inferiore del motore.

L’Harley-Davidson valutò positivamente la progettazione e le indicazioni studiate da Buell, procedendo allo sviluppo definitivo del motore.

Dopo aver fissato le quote strutturali del propulsore, ed averlo affidato allo sviluppo HD, Buell si concentrò sulla progettazione del telaio.
Sulla base delle esperienze maturate con i modelli RW750 ed RR1000, dove il telaio aveva una struttura tubolare a traliccio, ben presto di presentò il problema dell'alloggiamento dell'air-box.
Di fatto dopo aver montato motore con il relativo gruppo di alimentazione, ed il serbatoio, non era più possibile ricavare uno spazio sufficiente per installare un airbox adeguato.

I tecnici Cosworth avevano sottolineato l'importanza di un corretto dimensionamento dell'airbox per poter permettere al propulsore di esprimere tutte le sue reali potenzialità, ma utilizzando la conformazione del classico telaio perimetrale non era possibile "gestire" questo aspetto in maniera efficace.

Fu così che Erik ragionando sulla gestione del motore TZ 750, ed prendendo spunto dalla tecnica dei telai "Cobas" anni 70' per i 250cc. da competizione ebbe un'intuizione, creare un telaio a "travi" per abbracciare il propulsore, entro le quali inserire il combustibile per eliminare di fatto il serbatoio, montando lateralmente i radiatori, poteva di fatto aumentare l’avanzamento del motore e il relativo il carico sull’avantreno.

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La scelta del nuovo telaio-serbatoio sembrò da subito azzeccata anche se la conferma arrivò solamente dopo diverse prove strutturali che definirono l’effettiva validità della soluzione e soprattutto l’efficiente rigidità torsionale.

Il prototipo completo con il telaio “fuel in frame” venne quindi presentato alla dirigenza HD che valutò positivamente il progetto, ma scartò il nuovo telaio considerandolo troppo innovativo ed azzardato, pensando soprattutto che potesse avere una scarsa affidabilità nelle competizioni, così, mantenendo inalterata la meccanica del propulsore, si ripiegò su un più tradizionale telaio con travi laterali in lega leggera snaturando l’idea “ciclistica” di Buell.

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La decisione del centro di sviluppo HD, legata all’utilizzo di un telaio “tradizionale”, si manifestò ben presto inadeguata soprattutto in relazione al dimensionamento dell’air-box fortemente ridotto, penalizzando di fatto la resa finale del propulsore.
Inoltre per lasciare più spazio possibile al serbatoio, il pilota era costretto a spostarsi molto all’indietro allungando la posizione di guida, limitando quindi manovrabilità e feeling con l’anteriore.


Questa “nuova” moto da competizione prese il nome di VR1000 e rappresentò un nuovo capitolo della storia Harley.

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Dal debutto nella gara Superbike di Daytona del 1994 con il pilota Miguel Duhamel, ebbe una vita competitiva altalenante, e nonostante le qualità tecniche, peso di circa 170kg per 150 cv, non raccolse i successi tanto attesi nelle competizioni, principalmente a causa della precaria affidabilità del propulsore, ed alla limitata capacità di esprimere tutta la potenza a disposizione, terminando di fatto la carriera agonistica nel 2001.

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20 anni più tardi Erik Buell riuscì a produrre una moto in serie con le stesse caratteristiche tecniche del vecchio progetto VR1000, la Buell 1125, un telaio “fuel-in-frame” spinto da un motore Rotax bicilindrico da 146cv.

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Dopo la chiusura da parte di HD nel 2009, sviluppò l’EBR 1190, sbarcando con il Team Hero nel 2014 e 2015, nel Campionato Mondiale SBK!

“Ok, Mr. Beals aveva deciso, l’Harley-Davidson avrebbe avuto una vera moto da corsa!”

Scritto da Alberto Zanini.

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