Reparto Sportivo: catalogo accessori.
Il fatto che il diavolo sia nei particolari è una verità assoluta.
Spesso la scelta di una motocicletta è dettata dalla somma dei suoi particolari, i quali possono trascendere il valore delle prestazioni e delle doti dinamiche.
Si tratta dell’eterna lotta tra la sfera razionale e quella emozionale: la prima si concentra sui fatti, la seconda non ragiona, agisce.
A noi piacciono le Davidson, quelle degli anni ‘80 e ‘90; sono motociclette obsolete ed eccentriche, motociclette che non devono dimostrare cosa sanno fare, l’importante è come lo fanno.
Salire in sella ad un esemplare di quegli anni regala nitide sensazioni del periodo al quale appartiene quella motocicletta, in un attimo ci si sente il bello della pubblicità Levi’s, quello che usciva dall’ascensore a cavallo di un fiammante Softail Custom e si portava via la sventola coi capelli rossi. (se non l’avete mai vista, fatelo subito!)
In quegli anni da Milwaukee uscivano carrozzerie eccezionali dai colori vibranti ed accostamenti azzardati, le cromature erano tante ma non troppe; una ventennio di grandi motociclette.
Anche se in versione originale Dyna, FXR, Softail e Sportster erano e sono mezzi dotati di un forte carattere individuale, la pulsione alla personalizzazione è un fatto col quale, presto o tardi, bisogna fare i conti.
Parliamoci chiaro, alzi la mano chi non ha mai pensato a modificare anche solo un particolare della propria americana; l’universo degli accessori è talmente vasto che non cedere a qualche tentazione è praticamente impossibile.
La Mo.Co. stessa, dagli anni ‘50, propone un catalogo di accessori “genuine” che, col passare degli anni, è diventato spesso come l’elenco telefonico di New York; poi ci sono i grandi marchi dell’after-market che possono fornire tutto il necessario per costruirsi una motocicletta praticamente da zero nel garage di casa.
Nella pressochè infinita offerta di accessori e “special parts” si può rischiare di lasciarsi confondere le idee e perdere la direzione dell’intento iniziale di dare un tocco personale alla propria moto, la caccia al dettaglio particolare può trasformarsi in disturbo ossessivo-compulsivo in men che non si dica.
Il nostro nome tradisce la nostra passione per le Davidson sportive e nel nostro catalogo ideale hanno spazio parti volte a migliore le prestazioni dei nostri amici v-twin, perdonateci se sissy bar, borse in pregiato cuoio e comandi avanzati non sono nelle nostre corde.
Lo scarico: resistere con quello di serie è difficilissimo; la nostra risposta è sempre stata solo una: Supertrapp.
I megafoni in acciaio inox costruiti in Ohio hanno un look impareggiabile e un sound inconfondibile; per di più giocando con i dischi e i tappi finali si può modulare la risposta ai diversi regimi di rotazione: attraverso una ventina di dischi sormontati dal finale “competition only” i gas di scarico vengono espulsi producendo un suono che assomiglia agli AC-DC ascoltati in cuffia ad un volume vietato ai minori di 18.
Il filo logico che lega aspirazione e scarico porta a pensare ad una soluzione per il filtro dell’aria, poi eventualmente un carburatore più “vorace” del pacioso CV a farfalla di primo equipaggiamento; Screamin’ Eagle, il brand sportivo di H-D, ci viene in aiuto con filtro aria “high-flow” e carburatore Mikuni HSR flatslide a valvola piatta per dare una immediata e corposa risposta alla rotazione del polso destro.
Poi ci sono un altro paio di pezzi proposti dall’Aquila Urlante che hanno sempre avuto un particolare fascino; la piastra antisvirgolo e il gigantesco contagiri Autometer da 5 pollici.
La prima è un lingotto scomponibile in lega d’alluminio prodotto in Germania dalla ditta Telefix che serve a dare rigidità torsionale alla forcella, il secondo è uno strumento grande quanto una sveglia meccanica da comodino, ha una spia lampeggiante che dice quando cambiare marcia ed osservare i giri salire, scanditi dalla lancetta arancione su fondo nero, è pura istigazione a delinquere.
A Ventura in California un ex meccanico del Racing Team ufficiale Harley-Davidson di nome Steve Storz, riversa la sua esperienza maturata in pista con le XR750 nella produzione di una linea di accessori “da sparo”, i suoi comandi arretrati sono un must.
Arretrano la posizione dei piedi di una trentina di centimetri e la posizione di guida cambia: gambe raccolte, ginocchia che sfiorano il serbatoio, braccia tese a caricare l’avantreno e si viene proiettati in avanti con le spalle connesse alla ruota anteriore.
Le forcella Showa da 39mm e i cerchi in lega a nove o tredici razze sono dei segni distintivi di casa H-D, ma se quella vocina dentro alla testa continua a ripetere che si può fare di meglio ci sono un paio di prodotti italiani di alto livello da considerare.
Le forcelle da 43 mm G.C.B. Ceriani sono solide e scorrono che è una meraviglia, fornite con piastre di sterzo in alluminio lavorato a controllo numerico; senza snaturare la linea originale sono un grande upgrade in fatto di tenuta e reattività.
I cerchi a tre razze Marvic sono bellissimi, il cerchio perimetrale in alluminio lucidato a specchio è imbullonato alla monolitica parte centrale in lega di magnesio.
L’esempio più eloquente che viene in mente di questa coppia tutta italiana è sulla 883 Decennio che la Numero Uno aveva realizzato, in edizione limitata, nel 1995 per celebrare i suoi primi dieci anni di attività.
Le modifiche meccaniche, ciclistiche ed estetiche sono un “trappola” nella quale cadere è quasi naturale, il concetto che non bisogna mai perdere di vista è come si scelgono e come si amalgamano tra loro; non ci si stancherà mai di guidare motociclette fatte per piacere agli appassionati, non per stupire i curiosi.
“ Il fatto che il diavolo sia nei particolari è una verità assoluta. ”
Scritto da Corrado Ottone.