La storia del Trofeo short track 883R.
Un ovale in terra battuta attorno al quale si affollano migliaia di persone accorse per assistere a gare combattute e spettacolari, dove le doti delle motociclette non prendono il sopravvento sul cuore e sul polso dei piloti.
L’adrenalina dell’attesa cresce e l’attenzione è rapita dalla prima batteria sulla linea di partenza.
La mano destra dei piloti solletica la manetta del gas e la sinistra stringe la leva della frizione pronta a scattare.
La bandiera a scacchi dà il via e il rombo dei motori infiamma le tribune.
Lungo il rettilineo la generosa coppia scaricata tiene in equilibrio precario i centauri impegnati a sfruttare la massima trazione in un sottile compromesso fra potenza e stabilità, poi alla prima curva inizia la feroce danza dei bolidi che scivolano costantemente di traverso sul filo del rasoio.
Partenze furiose, pericolose derapate, duelli fisici e meccanici, spettacolo e divertimento.
Dagli anni ’30 il Dirt Track è lo sport motociclistico più seguito negli States proprio per la spettacolarità delle competizioni, la tecnica di guida spregiudicata in costante sfida con le leggi della fisica e l’ottima visuale che permette al pubblico di non perdersi neanche un istante di questa magia sul filo dei 160 chilometri orari.
Una disciplina entusiasmante, figlia dei primi circuiti nati sulle spiagge, ma nonostante l’indiscutibile fascino, per moltissimi anni non attraversa l’oceano e rimane un fenomeno puramente americano.
Negli anni ’90 il Dirt Track in Italia è una cenerentola pronta a decollare, in fatto di popolarità, ma incapace di crescere oltre al livello amatoriale.
Non mancano tuttavia occasioni per valorizzare la disciplina, come la prestigiosa presenza dei piloti ufficiali Harley-Davidson del Campionato AMA Grand National al Motor Show di Bologna del 1990, voluta dalla Numero Uno, la rete di importazione ufficiale del marchio H-D in Italia.
Sull’ovale in terra battuta allestito all’esterno della fiera, i mostri sacri del traverso americano, Scott Parker, Kevin Atherton e Chris Carr diedero vita ad uno spettacolo unico ed eccitante.
Tuttavia mentre il volano dell’interesse nei confronti della disciplina faticava a raggiungere una popolarità nazionale, nel cuore della Pianura Padana, in provincia di Varese, un gruppo “storico” di riders noto col nome di Motor Club Tradate, corre sull’ovale assecondando la genuina passione del traverso.
La squadra corse del team è composta da Gianni Andreotti, Elvio Bottini, e i fratelli Roberto e Giorgio Ceccarello.
La loro specialità è lo Short Track, che si differenzia dal Dirt Track solamente per la lunghezza del tracciato: 400 metri per il primo, 800 metri per il secondo.
Nei primi anni ‘90 in Italia il trofeo nazionale di Short Track conta un’unica classe: sono ammesse monocilindriche a due tempi fino a 250cc, e a quattro tempi fino a 600cc.; niente freno anteriore, cambio inglobato nel carter motore, pedane poggia piedi mobili e sistema di spegnimento a strappo con cavo da legare al polso del pilota.
Tutti i membri del MC Tradate capitanati da Giorgio Ceccarello, già campione italiano della categoria, corrono con le Harley-Davidson 504 Flat-Track realizzate dallo specialista californiano Ron Wood.
Una motocicletta dalla meccanica semplice e tremendamente efficace nelle prestazioni.
Telaio al cromo-molibdeno che contiene un motore Rotax monocilindrico raffreddato ad aria capace di 52 CV, cambio a 5 rapporti e carburatore Dellorto da 40mm, requisiti che le permettono di dominare per anni negli States il campionato AMA del “quarto di miglio”.
Questi performanti e divertentissimi giocattoli erano distribuiti all’epoca dalla Numero Uno, che in quel periodo stava vivendo il suo momento di massima espansione.
Carlo Talamo, ideatore e proprietario della Numero Uno, era assolutamente coinvolto nell’entusiasmo per lo Short Track.
Nella sua mente si insinuò l’idea di dare a quella specialità un respiro più ampio, ma era conscio che servisse qualcosa di più coinvolgente per innescare un interesse che potesse uscire da quei ristretti confini da appassionati di provincia.
Osservando l’evoluzione del campionato monomarca organizzato negli States, la Numero Uno allestisce quindi uno Sportster 883 per calcare la pista in terra battuta, partendo da un modello di serie.
Viene eliminato gran parte dell’impianto elettrico, parafango posteriore e sella sostituiti con un codino in vetroresina.
Le modifiche meccaniche sono semplici ed efficaci: carburatore da 40 mm, filtro aria Screamin’ Eagle e scarico Supertrapp 2 in 1.
Nuovo anche l’albero a camme dal profilo più spinto e trasmissione finale a catena, per una potenza finale di circa 60cv, contro 50cv scarsi dell’883 di serie.
La ciclistica viene rivista con l’utilizzo di ammortizzatori Koni, per alzare la parte posteriore e dare maggiore guidabilità, mentre all’ avantreno, sulla forcella stock da 39 mm, viene aggiunta una piastra antisvirgolo Screamin’ Eagle, ed eliminato l’impianto frenante anteriore.
L’883-R viene quindi provata sulla pista di Olgiate Olona (VA), e si rivela da subito essere davvero efficace, nonostante l’estrema semplicità.
Il motore rotondo e generoso di coppia permette di controllare la moto in curva, e regala una spinta corposa in uscita, inoltre sfruttando il basso baricentro, e una parte centrale molto snella, agevola lo spostamento del pilota.
Nella mente di Carlo Talamo è ormai certa l’idea di realizzare un vero e proprio campionato dedicato all’883, sull’esempio di quello americano, e nel Novembre del 1995, presenta l’iniziativa al Salone del Motociclo di Milano, attirando molti appassionati attorno allo Sportster 883R arancione e nero, fiero ed aggressivo nell’allestimento da gara, che ricordava le XR750 dei campioni americani.
La grande tradizione sportiva e lo spirito agonistico italiano accendono la voglia di correre con le H-D, e nel 1996 la Numero Uno presenta il Trofeo Nazionale Short Track 883R.
Il Campionato è riservato ai possessori di Harley-Davidson Sportster 883, prodotti dal 1986 ed importati dalla Numero Uno.
Le moto preparate dalla concessionaria ufficiale vengono proposte a un prezzo promozionale, e vengono proposti due kit, uno economico e l’altro più completo, che trasformano una 883 di serie, in una “R” pronta per scendere in pista.
L’idea di base è quella di garantire a tutti i partecipanti di competere ad armi pari, premiando le doti di guida e la combattività dei piloti.
Le moto devono essere spogliate di fari e strumentazione, cavalletto centrale e carter catena, obbligatorie le ruote a raggi ed il codino in vetroresina stile XR.
L’impianto frenate anteriore viene rimosso e la frenata è affidata al disco posteriore fisso da 292 mm e pinza a singolo pistone.
Per il resto possono solo essere effettuate messe a punto e tarature di sospensioni e carbuarzione oltre alla sostituzione di comandi al manubrio.
Entrambi i kit comprendono un sistema completo di conversione da cinghia a catena per facilitare la sostituzione dei rapporti, e migliorare il trasferimento di potenza alla ruota posteriore; pneumatico anteriore Good-Year specifico Short Track 130/80-19 e al posteriore un Dunlop 150/80-16 stradale, che si rivela ottimo anche su terra, e può essere intagliato per modificare il grip in base alle condizioni del terreno.
Lo scarico è un Supertrapp 2 in 1 basso, ma si può montare anche il 2 in 2 alto in stile XR, sella con codino in vetroresina racing, piastra arretramento pedana sinistra e tabelle portanumero completano la dotazione obbligatoria del kit venduto a Lire 3.000.000.
Il kit più ricco comprende anche la forcella G.C.B Ceriani a steli rovesciati con steli da 43mm, un parafango anteriore in vetroresina, carburatore Screamin’ Eagle completo da 40 mm. con valvola a farfalla e pompa di ripresa, ammortizzatori a gas WP studiati appositamente, e le decals per il serbatoio ad un costo totale di Lire 7.500.000.
L’iniziativa proposta dalla Numero Uno è realmente accattivante.
Una 883 modello ‘96 già allestita per gareggiare, ed equipaggiata del kit più completo, viene venduta a Lire 18.000.000, lo stesso prezzo dello Sportster di serie!
Ad un anno dall’ acquisto, dopo almeno tre corse, il concessionario si impegnava a fornire la documentazione per l’immatricolazione, più tutti i pezzi stock smontati se si volesse riportare la moto alle condizioni originali.
L’iscrizione al Trofeo aveva un costo di Lire 1.200.000, e comprendeva l’iscrizione a 8 gare, giubbotto dedicato, stivali specifici per Short Track e casco AGV Q3 con 3 visiere di scorta più quelle a strappo.
Il montepremi era strutturato in modo da incoraggiare le partecipazioni: primo posto L. 5.000.000, secondo posto L. 3.000.000, terzo posto L. 1.000.000, quarto posto L. 800.000, quinto posto L. 600.000, sesto posto L. 400.000, settimo/ottavo/nono/decimo posto L. 200.000; pole position L. 500.000.
Le piste designate per disputare il Trofeo erano prevalentemente ippodromi sparsi attraverso la penisola: Novi Ligure (AL), Monte Giorgio (AP), Tor di Valle (Roma), Monteroni d’Arbia (SI), Ravenna, Follonica (LV), Agnano (NA), Albenga (SV) con date comprese tra Aprile a Settembre.
Il Trofeo Nazionale Short Track 883R era un’iniziativa interna alla Numero Uno, era quindi naturale che la rete di concessionari ufficiali fosse direttamente coinvolta.
Molti risposero da subito alle iscrizioni, avvalendosi di piloti professionisti.
Tutti i membri del Motor Club Tradate vengono assoldati, compreso Giorgio Ceccarello, iridato italiano dello Short Track monocilindrico che veste i colori di Americana Varese.
Numero Uno Milano era rappresentata da Marco Lucchinelli, campione del mondo velocità classe 500, mentre Numero Uno Torino giocava in casa scegliendo un asso sabaudo della superbike: Giovanni Bussei.
Altri concessionari scelsero piloti professionisti provenienti da diverse discipline, dal fuoristrada arrivarono Erik Bonaventura, Gianluca Milani e Mauro Moretto, e dallo speedway Armando Castagna.
L’intuizione di Talamo si conferma valida, lo spettacolo offerto dal Trofeo 883R riscuote un eccezionale successo con un conseguente massiccio ritorno d’immagine per la Numero Uno.
Fin dalle prime gare la partecipazione delle concessionarie ufficiali con il seguito dei chapter HOG è davvero entusiasmante. Radio Capital è uno degli sponsor principali e trasmette le cronache delle gare, Telemontecarlo si occupa della trasmissione televisiva, e le riviste del settore seguono da vicino l’evoluzione del campionato.
Gara dopo gara l’abilità nel traverso e il feeling dei piloti cresce sempre più, lo Short Track si guadagna finalmente il meritato successo anche in Italia.
Iniziato nel 1996 dopo tre anni di successi il Trofeo si conclude nell’estate del 1998 rimanendo un capitolo fondamentale della storia dell’Harley-Davidson nel nostro paese, gli anni d’oro del marchio Numero Uno guidato dal geniale Carlo Talamo.
Al termine del campionato, nel 1999, venne realizzata una replica “stradale” dell’883R del Trofeo, in edizione limitata di 20 esemplari, con la particolarità di possedere l’omologazione nazionale in base alle caratteristiche specifiche dell’allestimento.
Nell’edizione del Salone del Ciclo e Motociclo di Milano del 1999, esattamente una 883R Stradale si poteva ammirare “appesa” aldisopra dello stand Numero Uno, a dominare l’intera gamma H-D in esposizione.
Per realizzare le “Stradali”, vennero utilizzate di base delle 883 di serie che, dopo essere state smantellate, venivano modificate nell’estetica, nella ciclistica e in alcuni aspetti del propulsore.
All’avantreno una forcella a steli rovesciati, ed ammortizzatori posteriori WP, impianto frenante ant. con disco singolo flottante e pinza Brembo, albero distribuzione più spinto, carburatore da 40 mm con filtro Screaming Eagle, impianto di scarico completo Supertrapp 2 in 1 e trasmissione finale a catena.
Le sovrastrutture così come i gruppi ottici erano integralmente riviste, con l’adozione di parafanghi e cupolino in vetroresina, del serbatoio da 8 litri, ma soprattutto con l’utilizzo della classica livrea “racing” di casa H-D ispirata alle moto ufficiali del campionato AMA.
Alcuni mesi dopo la realizzazione, un esemplare della “stradale” venne richiesto dagli americani direttamente alla Numero Uno, fu quindi assemblato e spedito a Milwaukee, al centro ricerche e sviluppo.
Trascorsi poco meno di tre anni l’H-D presentò l’883R di serie ed avviò la produzione.
In realtà il modello commercializzato non aveva molte caratteristiche tecniche o estetiche in comune con l’883R Stradale realizzata dalla Numero Uno, tuttavia l’ispirazione di base è evidente, così come la livrea, il nome e il forte richiamo al mondo delle competizioni.
L’883R Trofeo e la successiva versione Stradale, realizzate dalla Numero Uno, furono per l’epoca qualcosa di assolutamente innovativo, nel concetto e nell’estetica derivata dall’anima sportiva del marchio H-D.
Un prodotto nato da un’idea che ha anticipato di molti anni la moda ed il “costume” legato al mondo del dirt track, al giorno d’oggi quasi assodato, ma più di 20 anni fa assolutamente all’avanguardia.
Oggi l’esemplare dell’883R Stradale realizzata dalla Numero Uno, è conservata al centro ricerche e sviluppo nella sede della Mo.Co.
RS: Alberto (Poggi), tu rappresenti la vera memoria storica del Trofeo 883R, ne eri inoltre il punto di riferimento organizzativo, quale era il tuo ruolo all’interno della Numero Uno?
A.P.: “Sono arrivato in Numero Uno nel 1985, all’epoca mi occupavo esclusivamente dell’officina.
All’inizio eravamo in due, Carlo T. vendeva le motociclette, mentre io mi occupavo della meccanica di tutte le due ruote che entravano in concessionaria.
Poi l’azienda ha iniziato ad evolversi, con l’arrivo di nuove concessionarie sparse per l’Italia.
Ho abbandonato gradualmente l’officina per rivestire il ruolo di responsabile tecnico, l’evoluzione del mio ruolo professionale mi ha portato ad allontanarmi dalla concessionaria di Milano, trasferendomi negli uffici amministrativi di Arese.”
RS: Talamo ti affidò l’organizzazione e la gestione completa del Trofeo, immagino servisse una profonda conoscenza della disciplina, come l’hai acquisita?
A.P.: “Nel 1991 appassionato dal mondo delle competizioni flat track AMA, decisi di vivere l’esperienza di un mese negli Stati Uniti con Bill Warner al seguito di Scott Parker, partecipando alle gare di Peoria, Sturgis e di Indianapolis.
Tutto quello che ho assimilato negli Stati Uniti ho cercato poi di ricostruirlo nel progetto del Trofeo 883R, come ad esempio le tende per i team, la presentazione dei piloti, come la maggior parte degli aspetti estetici e organizzativi, per richiamare il più possibile lo spirito delle competizioni USA.
Carlo T. gestiva direttamente il Trofeo solo il giorno stesso della gara, in realtà io gestivo tutta l’organizzazione pre-gara , oltre agli aspetti economici come accordi e contratti, pagamenti e autorizzazioni.
Il giorno successivo convocava di routine la riunione per fare il punto della situazione e individuare le problematiche, la sua attenzione pazzesca per i particolari si rifletteva anche in un controllo puntuale delle attività.”
RS: Nei primi anni ‘90 ti occupavi quindi della preparazione di ogni motocicletta realizzata nell’officina Numero Uno di Milano, come è stato realizzato il primo “prototipo” dell’883R?
A.P.:“Nel 1994 in USA era stato organizzato un trofeo, esclusivamente per 883, dove si poteva correre, in weekend alternati, prima su pista e poi in short track con la stessa motocicletta.
Era stato realizzato un kit per preparare ed allestire le moto, si poteva partecipare a entrambe le discipline o solo ad una delle due.
All’epoca mi occupavo a pieno ritmo dell’officina, ed esattamente in quell’anno è stato allestito il primo “prototipo” italiano di 883-R utilizzando una 883 già presente in concessionaria ed un kit che Talamo aveva importato dagli Stati Uniti.
Il telaio per riprendere l’effetto della nichelatura delle H-D da flattrack era stato semplicemente cromato senza effettuare i successivi cicli di lucidatura, l’effetto finale risultava satinato.
La ciclistica restava originale, così come la base meccanica, il motore era potenziato attraverso un kit prodotto dalla Screaming Eagle, che comprendeva: carburatore, filtro, aste e camme e scarico Supertrapp 2 in 1, per una potenza finale accreditata di circa 60cv.
La ciclistica era sostanzialmente originale a parte una piastra di sterzo Screaming Eagle all’avantreno e l’utilizzo di ammortizzatori specifici al posteriore più rigidi, mentre la carrozzeria originale era sostituita con un kit estetico derivato dalle H-D da competizione, così come il manubrio, i comandi e le pedane pilota disassate.
Dopo averla allestita capitava abitualmente, alla domenica mattina, di caricarla sul furgone in direzione della pista di Castiglione Olona, dove Carlo (Talamo) la provava in compagnia di altri amici appassionati affiancandola alla Rotax.”
RS: Quali sono stati i passaggi fondamentali che hanno segnato la nascita del Trofeo 883R? e quali le motivazioni che hanno portato alla decisione di terminare l’avventura?
A.P.: “Alla fine degli anni ‘80, gruppi di appassionati, svincolati dalla Federazione Nazionale, e senza alcun supporto, correvano con monocilindrici quasi artigianali.
Solo chi aveva più disponibilità poteva realizzare motociclette su misura specifiche per correre.
Ricordo nomi come Andreotti i f.lli Ceccarelli, Jacopo Monti e molti altri, finché Carlo Talamo nel 1990 iniziò ad importare le Ron Wood con motore Rotax.
Proprio nel 1990 la squadra corse ufficiale Harley-Davidson AMA FlatTrack venne invita a partecipare al Motor Show di Bologna, per una gara/evento dimostrativa, competizione vinta da “Mr.23” Kevin Ahterton, utilizzando esattamente le Ron Wood, e la Numero Uno come punto di riferimento italiano per l’H-D, gestì l’accoglienza della squadra corse.
All’epoca lo speedway deteneva il monopolio delle discipline di velocità su terra, in stretta collaborazione con la Federazione Motociclistica, in pratica non c’era nessuno spazio per lo short track, ovviamente nemmeno a livello economico, e non c’era di conseguenza nessun tipo di interessa a creare eventi ufficiali.
Nei mesi successivi alla creazione e del primo prototipo di 883R, Talamo era intenzionato a dare seguito e corpo ad un progetto di competizioni anche in Italia.
Sfruttando l’interesse commerciale di un noto marchio di birra nostrano, intenzionato a sponsorizzare il progetto di un trofeo monomarca, abbiamo iniziato a costruirne l’organizzazione, attivando i relativi contatti commerciali, con la Federazione Motociclistica e le strutture italiane che avrebbero dovuto accogliere le tappe del trofeo.
Successe poi che questa azienda decise di non sottoscrivere gli accordi e abbandonò il progetto, costringendo la Numero Uno a raccogliere in solitaria visibilità e consensi sia fra gli eventuali partecipanti, sia soprattutto fra le piste e le relative amministrazioni comunali, cosa ancor più complicata!
Nel frattempo l’evoluzione tecnologica della telefonia aveva portato un gruppo come la Omnitel alla ribalta.
Interessata a realizzare una campagna pubblicitaria attraverso un concorso a premi, aveva chiuso un contratto per l’acquisto di diverse decine di sportster allestite con specifiche richieste commerciali.
Questa operazione portò alla Numero Uno parte del capitale necessario per poter rendere operativo il progetto, regalando inoltre “colore” e visibilità al primo anno del trofeo del 1996.
Nel frattempo è stata costruita una società ad hoc, per gestire le attività del trofeo, che si chiamava “83R” di cui ero stato nominato AD, perché in realtà mi occupavo integralmente di tutta la gestione operativa, dalla realizzazione delle motociclette, alla cura di tutti gli aspetti pratici necessari alla “conversione” momentanea delle piste per le gare del trofeo.
Il coinvolgimento era molto forte, soprattutto grazie al seguito delle concessionarie e dei relativi chapter HOG di appartenenza.
All’epoca avevamo inoltre la produzione televisiva dell’evento, programmata su Telemontecarlo, in coda allo spazio SBK, e non avendo possibilità di coprire la programmazione settimanale con i filmati della gare, avevamo iniziato a produrre test e prove su strada, di H-D, Buell e Triumph, in collaborazione con Marco Lucchinelli e Roberto Ungaro.
La macchina organizzativa era diventata molto complicata da gestire, e l’operazione nel suo complesso aveva raggiunto un impegno economico importante.
Talamo decise di non proseguire nella stagione 1999 con il Trofeo, sia per l’impegno organizzativo, sia probabilmente a causa dell’imminente cessione del network di vendita italiano agli americani avvenuta nel 2000.”
"Vivere per traverso è eccezionale”.
Scritto da Corrado Ottone e Alberto Zanini.